Uno per ogni ciclista ucciso. La condanna inflitta a Chafik El Ketani, il marocchino che lo scorso 5 dicembre investì con la sua Mercedes 220 dieci ciclisti amatoriali, uccidendone otto, fa discutere. Il gup del tribunale di Lamezia Terme, Carlo Fontanazza, gli ha concesso le attenuanti generiche e questo ha mandato su tutte le furie i familiari delle vittime. Delusione e rabbia erano evidenti sui loro volti. «Troppo lieve la condanna» hanno gridato. Il pubblico ministero aveva chiesto dieci anni per omicidio colposo plurimo pluriaggravato dalla guida sotto l’ effetto di droga e dalla velocità eccessiva. Il massimo della pena avendo l’ imputato scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. I difensori di Chafik El Ketani, Salvatore Staiano e Gregorio Ceravolo, sono invece riusciti a convincere il gup che quella mattina il marocchino non era drogato e quindi l’ entità della pena doveva essere inferiore a quella richiesta dal pubblico ministero. «Non condivido la valutazione del giudice, c’ erano tutte le condizioni per condannare al massimo della pena» ha detto Fabio Davoli, avvocato, uno dei due scampati alla strage avvenuta sulla statale 18 Tirrenica. El Ketani ieri non ha voluto essere presente in aula al momento della lettura del verdetto. È rimasto a casa, dove si trova agli arresti domiciliari, nonostante i suoi legali gli avessero consigliato il contrario. «Non me la sento di guardare in faccia i familiari delle vittime» ha detto. «Siamo sorpresi e disgustati da questo verdetto - dice Gennaro Perri, l’ altro ciclista scampato miracolosamente alla morte -. Mio fratello sotto terra e lui a casa a chattare su Facebook».