Con una pistola nella cintola girava per Capizzaglie. Era una 7,65 con colpo in canna. Pasquale Carnovale, 25 anni, ha la mamma che si chiama Torcasio. Il suo amico che guidava Angelo Paradiso, stessa età, è nipote del presunto boss Nino Cerra. Due nomi che a Capizzaglie fanno rabbrividire.
Carnovale e Paradiso mercoledì pomeriggio circolavano in Via dei Bizantini, la strada commerciale del quartiere, a bordo della Punto blu targata “893″ di un parente del ragazzo armato. La pistola era illegale, con la matricola cancellata. La macchina era quella segnalata da confidenti delle forze dell’ordine: sarebbe stata vista nei due recenti attentati di domenica e martedì scorsi. Ma nessun testimone delle due sparatorie ha saputo indicare agli investigatori tipo d’auto o colore. Come se una Punto si potesse dissolvere nel nulla dopo una scarica di colpi di pistola.
I due ragazzi venticinquenni sono stati fermati dalla polizia. L’arma è clandestina, domani dal Gip si vedrà se resteranno in manette. Gli investigatori in qualche modo collegano questo episodio con i due attentati dei giorni scorsi, ma solo l’auto potrebbe essere uguale a quella usata da chi ha sparato, perchè l’arma è diversa, si trattava di una calibro 9. Non è facile inoltre per gli inquirenti dimostrare che si trattava di un commando pronto per un altro attentato. Ma una domanda bisogna porla: cosa ci facevano i due rampolli dei Torcasio e dei Cerra, uno dei quali con la pistola pronta per l’uso, in Via dei Bizantini?
È la strada teatro del ferimento di un uomo di 58 anni, Pasquale Saladino, e di un quattordicenne. I due avevano soltanto la colpa di trovarsi all’ingresso di un circolo ricreativo sulla strada. Un locale rimasto chiuso per mesi, da quando al titolare gli era stata consegnata la testa sanguinante di un agnello con un bigliettino cosparso di croci. Il circolo ha riaperto. Dopo un paio di giorni l’agguato col messaggio chiaro: qui comandiamo noi. Sette colpi di pistola sparati domenica pomeriggio quando il circolo era frequentato da gente d’ogni età.
Martedì mattina secondo raid. L’obiettivo una sala da barba con dentro il titolare e tre clienti, uno dei quali carabiniere in borghese. Quindici colpi, ancora una volta di calibro 9, sparati ad altezza d’uomo. Colpita anche un’auto parcheggiata sul piazzalino davanti alla parrucchieria.
«Questo stato di cose è intollerabile, è necessaria una reazione non solo da magistratura e forze dell’ordine, ma anche della società civile», sostiene il procuratore Salvatore Vitello nella conferenza stampa di ieri al terzo piano del Tribunale. Accanto a lui il sostituto Domenico Galletta ed i vertici del commissariato di polizia con Antonio Borelli e Lucia Cundari. Spiega Vitello: «Se noi istituzioni sentiamo la comunità vicina i risultati saranno immediati. Queste forti provocazioni comunque non ci fanno arretrare di un millimetro. Sono gang di criminali e nei loro confronti non saremo arrendevoli».
Ma parte l’appello del capo dell’ufficio inquirente dopo che tanti possibili testimoni dei due episodi hanno negato di aver visto qualcosa. C’è chi avrebbe negato addirittura di avere sentito i colpi di pistola (7 in un caso e 15 nell’altro) perchè aveva la cuffietta con la musica. Il magistrato aggiunge infine in conferenza stampa: «Non si può essere rassegnati in questa città. Il “non posso” non esiste, qui c’è il “non voglio”».
Vinicio Leonetti