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Italia

29 febbraio 2012
 

Ici, lo stop dei cattolici sulle scuole

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Scritto da: Redazione

ROMA - Sarà votata domani in Commissione Industria al Senato. E forse se ne saprà di più. Oggi le uniche certezze sono quella paginetta-emendamento a firma di Mario Monti che affronta la questione dell’Imu (la nuova Ici) per gli immobili della Chiesa in base alla loro «modalità commerciale»; gli interventi di Napolitano, Schifani e Fini che riconoscono alla Chiesa cattolica un «contributo rilevante»: soprattutto il capo dello Stato ha ricordato che il contributo dei cattolici «nei campi della cooperazione, educazione, istruzione e assistenza sanitaria e sociale a favore di quanti vivevano in condizione di povertà e precarietà sociale ed economica» è stato «rilevante» negli anni; il dibattito nel mondo politico e soprattutto in quello cattolico che ha continuato ad animarsi e non si placherà fino a quando Monti non dirà parole più chiare.

Chi pagherà questa Imu? Anche le scuole cattoliche? Che significa «modalità commerciale», o meglio fin dove porterà la norma? Il premier deve risolvere la questione Imu-Chiesa anche per fermare la procedura di infrazione dell’Unione Europea contro l’Italia per il trattamento fiscale di favore sulle proprietà ecclesiastiche. E questo è ormai talmente assodato che tutti, anche i cattolici, ne sono consapevoli. La questione che resta completamente aperta è quella del «no profit». È dentro o fuori dall’esenzione? Dove, in concreto, lo Stato andrà a prendere i soldi?

Centrodestra, Terzo Polo e mondo cattolico, in primo luogo i salesiani, sono molto preoccupati. Le scuole cattoliche, dicono, non si toccano. Don Alberto Lorenzelli, presidente della Conferenza italiana dei Superiori maggiori, nonché capo dei salesiani dell’Italia centrale, dice che «così le scuole cattoliche chiuderebbero, a migliaia. Noi non lavoriamo per i ricchi ma per quelli che hanno di meno. Mi auguro che l’Imu riguardi solo gli spazi in cui ci sono vere realtà commerciali».
Anche L’ Avvenire scrive che «il governo non ha ancora chiarito tutto» e suggerisce di lasciar perdere le scuole, sarebbe «un autogol, una forma di autolesionismo». Molte piccole scuole «già oggi vivono di stenti - ha scritto il giornale della Cei - pur essendo in molti piccoli centri l’unica realtà a disposizione delle comunità locali». Il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi (Pdl), che proviene da Comunione e Liberazione, chiede chiarimenti al governo: «Saranno tassate anche solidarietà e sussidiarietà? Sarebbe inaccettabile che un asilo nido parrocchiale, che svolge da sempre funzione pubblica, pagasse l’Imu».
«Sarebbe sbagliato - gli fa eco Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl -, penalizzare chi si occupa di poveri o di educazione». Più morbido, ma sulla stessa linea Pier Ferdinando Casini: «La norma è chiara. Gli edifici della Chiesa adibiti ad attività commerciali è giusto che paghino come tutti gli altri. Molto diverso è il caso degli enti assistenziali, delle scuole, di un servizio straordinario che c’è nei piccoli centri».
Il centrosinistra, ovviamente, apprezza la scelta di far pagare l’Ici alla Chiesa ma non polemizza sulle scuole. Il cattolico Stefano Ceccanti, costituzionalista del Pd, ha invitato tutti a «non inventare problemi che non esistono perché la norma è chiara e risolutiva. Sulle scuole andranno commisurati i contributi richiesti agli utenti con il costo effettivo del servizio per valutare se si tratti di attività commerciale o meno, a prescindere dalla qualifica formale dell’istituto». Inoltre, ha detto Ceccanti, «ad una norma di legge non si possono chiedere dettagli, per questo l’emendamento chiede opportunamente sessanta giorni per un apposito decreto del ministero dell’Economia».
Il leader di Sel, Nichi Vendola, non pensa che la norma Monti sia dovuta ad un «coraggio laico» del governo. Applicare l’Ici alla Chiesa è solo «l’adempimento di un dovere perché siamo a rischio di procedura e multa per infrazione comunitaria. E poi che anche la Chiesa paghi l’Imu è un fatto di decenza e corrisponde al principio evangelico “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”».

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