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Lamezia Terme

3 marzo 2012
 

Lamezia si stringe con Adele nel giorno del dolore

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Scritto da: Redazione
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La gente arriva in cattedrale un paio d’ore prima della messa. Ci sono tanti giovani con il volto mesto, gli occhi gonfi di lacrime. Adele Bruno, uccisa dal suo fidanzato Daniele Gatto, giovane vittima di un amore insano e malato, aveva tanti amici, ma per darle l’ultimo saluto sono arrivati numerosi ragazzi e ragazze da ogni quartiere della città.
Anche chi non l’ha mai conosciuta personalmente vuole esserci per stare vicino alla famiglia, per dimostrare a tutti che, Adele con la sua tragica storia di vita stroncata prematuramente, è entrata in tutte le case, fa parte del vissuto di ogni famiglia lametina. Per una strana combinazione del destino le esequie della ventisettenne assassinata domenica sera coincidono proprio col giorno della commemorazione dei defunti: a 48 ore dal suo ventisettesimo compleanno che non ha fatto in tempo a festeggiare.
La bara di legno chiaro arriva nella navata centrale del duomo intorno alle 15.30; ad accompagnarla è il pianto sommesso dei parenti e di tutti quanti affollano la cattedrale. Sulla bara una corona di fiori bianchi e la sciarpa della Juve, la squadra per cui Adele tifava in modo sfegatato.
Fin dal primo momento colpiscono la compostezza e l’estrema dignità dei familiari ed in particolare di mamma Teresa e papà Rosario, del fratello Vincenzo. I loro volti sono impietriti dal dolore, fino alla fine della funzione manterranno un comportamento esemplare, chiusi nella loro indicibile sofferenza.
A rendere omaggio alla salma della giovane anche il presidente del consiglio regionale Franco Talarico ed il sindaco Gianni Speranza, affiancato da assessori e consiglieri comunali. Ai piedi della bara il gonfalone della città sorretto da due agenti della polizia municipale.
Dopo la recita del Rosario inizia la celebrazione eucaristica presieduta da Pietro Folino Gallo, giovane parroco della chiesa di Santa Maria Goretti nel quartiere di Savutano, dove Adele abitava con la sua famiglia. Intorno all’altare diversi sacerdoti e diaconi.
All’inizio della funzione, Isidoro Di Cello, parroco della cattedrale, legge il messaggio del vescovo Luigi Cantafora, assente per un’indisposizione. «Prego per Adele e per tutte le persone coinvolte in questa tragedia», scrive il presule, «tutta la nostra esistenza è nelle mani del Signore: affidiamoci a lui, alla sua sapienza e giustizia. Siamo sgomenti e sconvolti, solo Dio può darci la pace e infondere nel nostro cuore il sentimento della riconciliazione. Questo dramma», conclude Cantafora, «deve farci riflettere, indurci alla preghiera per tutti e per ciascuno».
Il rito funebre prosegue con la liturgia della Parola, il Vangelo è quello delle Beatitudini. Don Pietro legge pacatamente la sua omelia, una lettera amichevole e informale ad Adele sua giovane parrocchiana. L’assemblea ascolta in silenzio, le lacrime rigano il volto di tutti, gente comune e rappresentanti istituzionali; non c’è persona che non si commuova.
La funzione prosegue nel massimo ordine, a scandire i vari momenti della messa anche i canti eseguiti dal coro della parrocchia di Santa Maria Goretti, adulti e giovani che conoscevano Adele e che le hanno voluto fare un loro ultimo regalo.
Il tempo scorre, arriva il momento dell’estremo saluto. Don Pietro legge un breve messaggio da parte della famiglia Bruno che ringrazia tutti coloro che in questi giorni le hanno dimostrato vicinanza e solidarietà. Il celebrante si fa portavoce anche della famiglia Gatto che vuole esprimere le sue sentite condoglianze.
«Siamo tutti vittime», fa sapere don Osvaldo Gatto, zio sacerdote di Daniele e parroco di Marcellinara, «siamo affranti. Il nostro cuore è gonfio di dolore per una tragedia ed un lutto che mai nessuno di noi avrebbe voluto e che per tutti noi sarà motivo di eterna sofferenza».
La bara esce dalla chiesa tra gli applausi scroscianti, fuori in migliaia ad attenderla. L’ultima passeggiata di Adele sul corso finisce tra le lacrime e i battimani, all’imbrunire di un 2 novembre che i lametini non dimenticheranno.
Maria Scaramuzzino




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